Approvata in via definitiva la legge sull'agricoltura sociale
L’Italia ha finalmente una legge sull’agricoltura sociale. Ce lo fa
sapere il Mipaaf con un comunicato datato ormai 5 agosto, ma, complice
l’estate e le vacanze questa notizia (almeno per noi) non ha avuto la
giusta rilevanza. E allora ci fa piacere riprenderla.
L’agricoltura sociale in Italia conta 400
cooperative sociali (su un totale nazionale di 14.000), impegnate in
attività produttive lungo tutta la filiera del settore agricolo, dalla
coltivazione, all’industria alimentare, al commercio. Sono coinvolti 4.000 lavoratori dipendenti su tutto il territorio nazionale (su 320.000 totali), e un valore della produzione di 200 milioni di euro (dati For.Agri www.foragri.com).
La legge introduce e ben chiarisce la definizione di agricoltura
sociale, indicando nello specifico quali attività ne sono comprese.
Ovvero:
L’inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e lavoratori svantaggiati,
persone svantaggiate e minori in età lavorativa inseriti in progetti di
riabilitazione sociale; prestazioni e attività sociali e di servizio
per le comunità locali attraverso l’uso di risorse materiali e
immateriali dell’agricoltura;
prestazioni e servizi terapeutici anche attraverso l’ausilio di animali e la coltivazione delle piante;
iniziative di educazione ambientale e alimentare, salvaguardia della biodiversità animale, anche attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche;
Per quanto riguarda le indicazioni alle realtà e istituzioni
regionali e locali: le Regioni, nell’ambito dei Piani di Sviluppo
Rurale, possono promuovere specifici programmi per la multifunzionalità
delle imprese agricole, con particolare riguardo alle pratiche di
progettazione integrata territoriale e allo sviluppo dell’agricoltura
sociale. Inoltre, le istituzioni pubbliche che gestiscono mense
scolastiche e ospedaliere possono inserire come criteri di priorità per
l’assegnazione delle gare di fornitura la provenienza dei prodotti
agroalimentari da operatori di agricoltura sociale.
I Comuni devono prevedere specifiche misure di valorizzazione dei
prodotti provenienti dall’agricoltura sociale nel commercio su aree
pubbliche.
Gli enti pubblici territoriali devono prevedere criteri di priorità
per favorire lo sviluppo delle attività di agricoltura sociale
nell’ambito delle procedure di alienazione e locazione dei terreni
pubblici agricoli.
La norma prevede inoltre che gli operatori sociali possano vedersi in
concessione, a titolo gratuito, i beni immobili confiscati alla
criminalità organizzata.
Infine, viene istituito l’Osservatorio sull’agricoltura sociale
(nominato con decreto del Mipaaf) con mansioni di monitoraggio e il
compito di definire le linee guida in materia di agricoltura sociale.
Per poter apprezzare tutti i benefici bisogna attendere le
istituzioni locali che dovranno comprendere, recepire e adattare ai
propri bisogni gli strumenti forniti da questa nuova legge. Ma
certamente siamo di fronte a una buona partenza.
Un referendum in difesa dei mari italiani
C’è anche Slow Food tra le centinaia di associazioni e personalità
del mondo accademico, culturale, sociale, politico e artistico che si
sono unite alla lettera inviata lo scorso mercoledì 2 settembre dal
Coordinamento Nazionale No Triv: un appello per chiedere alle
Regioni italiane di deliberare urgentemente una richiesta di referendum
abrogativo per tutelare i mari italiani da progetti minerari e petroliferi che sembrano non tenere conto dello stato di salute dei nostri ecosistemi marini.
La posta in gioco è altissima: i numerosi procedimenti per
progetti petroliferi, sbloccati nel 2012 dal Governo Monti e riavviati
dall’articolo 35 del Decreto Sviluppo, rischiano di subire una ulteriore
accelerazione da parte di alcune norme del cosiddetto “Sblocca
Italia”. A essere particolarmente colpite dalle attività di ricerca
risulterebbero essere: il Molise (le Isole Tremiti e Termoli), l’Abruzzo
(Vasto, San Vito Chietino, Ortona, Francavilla al Mare), soprattutto la
Regione Marche (Pedaso, Cupra Marittima, Senigallia, Fano) e la Puglia
(in special modo Otranto).
In seguito a questa emergenza il Coordinamento Nazionale No Triv ha organizzato per le ore 11 di venerdì 11 settembre la conferenza stampa intitolata Un referendum in difesa dei mari italiani! presso
la Sala stampa della Camera dei Deputati, in Piazza Montecitorio a
Roma. L’obiettivo è molto chiaro: la richiesta deve essere deliberata e
depositata entro il prossimo 30 settembre da almeno cinque Regioni:
questo consentirebbe di evitare la raccolta di 500.000 firme e
consentirebbe ai cittadini italiani di andare a votare nella primavera
del 2016, abbreviando le tempistiche e limitando per quanto possibile i
danni ambientali.
Oltre la birra
Le spezie africane in una delle sue birre preferite, i viaggi, una Cola autentica, prodotta con le noci del Presidio in Sierra Leone,
e un progetto futuro: aprire un birrificio in Africa, per realizzare
birre legate all’agricoltura di quel continente. Teo Musso, fondatore e
anima del Baladin, racconta il suo legame profondo con l’Africa e
annuncia la sua iniziativa più recente: sostenere il progetto 10.000 orti in Africa.
Il birrificio Baladin nasce come brewpub nel 1996 a Piozzo, un
piccolo paese che si affaccia sulle Langhe, in Piemonte, ad opera del
mastrobirraio Teo Musso già proprietario dal 1986 dell’omonimo pub,
conosciuto anche per una particolare sala coperta da un tendone da
circo. Un arredo non casuale: baladin in francese arcaico significa
cantastorie e l’idea di questo locale unico nasce proprio da un circo
itinerante francese e nello specifico dal suo fondatore François Bidon,
grande amico di Teo Musso. Teo viene identificato come uno dei “papà”
del movimento birrario artigianale in Italia e suo “porta bandiera” nel
mondo. Oggi, pur avendo aperto locali in tutto il mondo, non ha
dimenticato il rispetto della qualità delle materie prime e l’importanza
dell’artigianalità. Inevitabile quindi, l’incontro con Slow Food e la
condivisione di un percorso comune, che conta ormai numerose tappe:
dagli eventi (Salone del Gusto e Terra Madre, Cheese)
al Master della birra alla realizzazione della Cola Baladin (bevanda
naturale ottenuta dalle noci di Cola del Presidio Slow Food della Sierra
Leone).
«Devo molto a Slow Food e all’amico Carlin», ci racconta Teo. «La storia
del mio birrificio si è intrecciata più volte con le iniziative
culturali di Slow Food. [...]
«Quando ho iniziato a distribuire la mia birra “fuori dai confini di
Piozzo”, ho acquistato una guida Slow Food per selezionare i ristoranti
cui inviare i campioni, partendo dal presupposto che, essendo delle
eccellenze selezionate da un soggetto autorevole e no profit, fossero
aperte a nuove esperienze gastro-culturali, proprio come quella che
stavo proponendo. Oggi il rapporto con Slow Food è più strutturato ma
l’obiettivo è sempre lo stesso: fare cultura. Abbiamo prodotto una Cola
con un Presidio africano di cui siamo molto orgogliosi e sosteniamo
iniziative anche grazie al riscontro positivo che gli appassionati di
Baladin riservano alle nostre proposte. Inoltre è stata realizzata una
serie limitata di bottiglie etichettate “We Feed The Planet” vendute
durante un nostro evento (Baladin Open Fest Torino) con lo scopo di
contribuire a sostenere questa splendida iniziativa. Anche noi siamo
agricoltori, forse più avvantaggiati di altri, ma condividiamo lo
spirito guida: l’amore per la Terra».
Ora Baladin ha scelto di sostenere anche uno dei progetti più
ambiziosi di Slow Food, la realizzazione di 10.000 orti in Africa. Il
suo contributo sarà destinato a quattro orti, due in Sudafrica (orti comunitari di Mawisa e Mvuleni) e due in Marocco (orti scolastici Anasr Ain Aouda e di Iben Zaydoun, a Skhirat).
«Produco in Italia perché credo nell’Italia e nel frutto della sua
Terra», continua Teo «Sono però legato all’Africa dall’amore per quel
Continente, in cui sono stato più e più volte. La mia compagna è
africana e una delle birre che più amo è prodotta con spezie che
ricordano i profumi intensi del Marocco. Ho in progetto, in un futuro
prossimo, di impegnarmi a realizzare un Baladin Africa, un birrificio
che nascerà non per produrre le birre che conoscete ma per farne di
nuove, dedicate all’Africa e possibilmente alla sua agricoltura».
«Sostenere i 10.000 orti in Africa è un passaggio fondamentale in un
percorso di crescita personale e di consapevolezza della mia azienda.
Con la Cola abbiamo voluto far conoscere cosa sta dietro alla versione
autentica della bevanda più globalizzata al mondo, qual è il frutto da
cui prende il nome e dove nasce. Da qui la scelta di azzardare la
colorazione amaranto, insolita per una bevanda che siamo soliti vedere
di tutt’altro colore. Gli orti, invece, sono prima di tutto una
soddisfazione personale ma spero, in un’ottica futura, possano essere
l’inizio di una collaborazione attiva, utile a far crescere il lavoro
dei contadini impegnati nel progetto».
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