Il territorio agricolo del nostro paese è la nostra identità, è cio che siamo e ciò che eravamo
Da alcuni anni giace, in un cassetto da qualche parte nel nostro
Parlamento, un disegno di legge a tutela del territorio agricolo e del
paesaggio rurale. Un primo passo per proteggere almeno in parte quel che
resta del patrimonio di bellezza delle nostre campagne e delle nostre
periferie, negli ultimi sessant’anni pesantemente rovinate,
cementificate, impermeabilizzate, ferite.
La bellezza e la grande biodiversità umana e culturale della nostra
penisola è figlia di un rapporto unico tra la civiltà umana e l’ambiente
che l’ha ospitata per millenni. La sapienza dei contadini e la cura
degli artigiani nel corso dei secoli hanno plasmato profondamente il
paesaggio, rendendolo ciò che è oggi e rendendo noi ciò che siamo. Il modo in cui costruiamo lo spazio in cui viviamo dice infatti molto di noi e determina il nostro modo di abitare il mondo. Non
solo, perché nel rapporto con la terra l’uomo disegna anche il proprio
futuro, ciò che reputa importante, quei valori che hanno la priorità
nell’orientare l’esistenza collettiva. Ecco, se questa premessa
è vera oggi l’Italia non sta vivendo un periodo particolarmente felice.
È sotto gli occhi di tutti il ritmo impressionante con cui i terreni
agricoli vengono cementificati per fare spazio a capannoni che, spesso
vuoti, ingigantiscono le nostre aree industriali o a grandi opere che
oltre ad arricchire i costruttori apportano ben poco al sistema paese. È
poi sufficiente osservare l’inesorabile processo di abbandono delle
campagne, che priva proprio gli ecosistemi più caratteristici di quella
mano dell’uomo che è parte integrante dell’equilibrio e della bellezza.
Già, perché deve essere chiaro che il modo per difendere il
suolo e il paesaggio non è “togliere l’uomo”, creare oasi per turisti a
targhe alterne, isolare e realizzare musei a cielo aperto.
Quello è una piccola parte, che ha la sua importanza per territori
particolarmente fragili, ma è minima e tale dovrebbe restare. Al
contrario l’uomo deve tornare a occuparsi di territorio, ad abitarlo,
tornare a stringere legami con la terra e a pianificare la gestione
dello spazio.
Senza uomo non c’è futuro per il paesaggio agrario e rurale italiano.
Ci vuole però un approccio radicalmente differente rispetto a quello
degli ultimi decenni. Dobbiamo tornare a educarci all’equilibrio, alla
gestione sobria, alla risistemazione di ciò che già esiste invece che
alla costruzione e all’edificazione su terreni liberi. Ma soprattutto
dobbiamo manutenere amorevolmente i nostri territori, consci del fatto
che il gravissimo dissesto idrogeologico del nostro paese, oltre a
essere figlio di decisioni urbanistiche dissennate e pochissimo
lungimiranti, ha anche un forte alleato proprio nell’abbandono dei
territori marginali.
L’enorme lavoro di pulizia dei boschi e dei fossi, di canalizzazione
per il deflusso delle acque, di riparazione dei muretti a secco per
contenere i pendii più a rischio hanno sempre e solo fatto i contadini.
Loro hanno presidiato le campagne e le aree montane e le hanno
mantenute, senza peraltro mai essere retribuiti per questo servizio. Un
paese che non ha rispetto e non remunera i lavoratori della terra come
può sperare di incentivare i giovani a ritornare all’agricoltura?
Se un territorio agricolo non è vivo, non è l’habitat per una comunità
umana coesa e radicata, non c’è alcuna speranza di mantenerlo bello,
armonioso, sicuro.
Il territorio agricolo del nostro paese è la nostra identità, è ciò che siamo e ciò che eravamo.
Prendersene cura significa pensare a ciò che vogliamo per i nostri
figli. Per fare questo occorre una buona legge sul consumo di suolo, che
però nulla potrà se non ricominciamo noi stessi a fare ciò che un
grande italiano, Luigi Veronelli, chiamava “camminare le campagne”.
Carlo Petrini
<<Custodiamo il creato>> Laudato sì, la seconda enciclica del Papa è dedicata alla cura dell'ambiente
È in uscita l’enciclica di Papa Francesco Laudato Si’ – Enciclica sulla casa comune
Il nuovo documento pontificio è dedicato alla casa comune, il Creato, la
natura e l’ambiente, la cui tutela è oggi al centro di importanti
dibattiti sul tema che – dopo Lima e Roma – sono emersi non solo in
occasione di Expo Milano, ma anche ai più recenti incontri di Papa
Francesco con i delegati Fao e, soprattutto, in vista della prossima
Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a
Parigi a fine novembre.
Un tema sociale ed ecologico, ma anche di fede molto caro a Papa
Bergoglio che, direttamente dalle parole di San Francesco, ha più volte
invitato i cristiani a prendersi cura del Creato e a essere custodi del
disegno divino iscritto nella natura: «Ci uniamo per farci carico di
questa casa che ci è stata affidata, sapendo che ciò che di buono vi è
in essa verrà assunto nella festa del cielo. Insieme a tutte le
creature, camminiamo su questa terra cercando Dio».
E ancora: «Un vecchio contadino una volta mi ha detto: “Dio perdona
sempre. Noi, gli uomini, perdoniamo alcune volte. La natura non perdona
mai” Se tu la prendi a schiaffi, lei lo fa a sua volta. Credo che noi
abbiamo sfruttato troppo la natura».
Ampia la foliazione: duecentoquaranta pagine introdotte da Carlo Petrini,
presidente e fondatore di Slow Food che offre una guida alla lettura al
documento pontificio: «Quest’Enciclica è innanzi tutto una dura ma
obiettiva presa di coscienza sulla realtà della nostra casa comune, la
terra con il suo Creato» spiega Petrini. «È lucidissima nell’analisi di
quanto danno abbiamo fatto alle cose e alle persone impostando i nostri
modelli di sviluppo in maniera dissennata, per cui abbiamo lasciato che
la nostra politica soggiacesse all’economia e l’economia alla
tecnologia. Nella sua prima parte lo scritto è un perfetto riassunto,
altamente educativo, della situazione in cui si trova il mondo:
inquinamento e cambiamento climatico, la questione dell’acqua, la
perdita di biodiversità con le conseguenze del deterioramento della
qualità della vita umana, il degrado sociale, il diffondersi
dell’iniquità in un mare d’indifferenza e di presunta impotenza. Ci
parla della realtà in maniera cruda ma non interpretabile, e dalla
realtà, a cui più volte e in maniera niente affatto casuale l’Enciclica
si àncora, parte per le considerazioni successive.>>
Saper guardare, con la stessa capacità di sorprendersi e intenerirsi per
la bellezza del Creato propria di San Francesco –questa magnificenza
sta tutta nel titolo, Laudato si’ – vuole anche dire saper
cogliere uno stato umano non più adeguato alla casa comune, e calarsi
pienamente nel nostro tempo. Il richiamo a «coltivare e custodire», così
come è scritto nella Genesi (2,15), citata in più occasioni nelle
pagine che seguono, è un rimando a qualcosa di antico e ancestrale, che
ci chiede sin dall’inizio dei giorni di vivere con equilibrio la nostra
natura più profonda di esseri umani. Intanto, diventa un impegno
rivoluzionario per il futuro. Non c’è dubbio che queste parole
rappresentino uno dei momenti di svolta più importanti nella storia
della Chiesa e soprattutto dell’umanità».
Racconti di Luppolo
Il quarto appuntamento e l'ultimo per il mese di giugno è dedicato alla BIRRA ARTIGIANALE!
Venerdì 26 giugno dalle ore 19.00 alle ore 20.30
@CB2015 Spalti San Michele Città Alta BG
L'aperitivo comprende la degustazione delle birre bergamasche vincitrici nella guida Slow Food dedicata alle birre artigianali d'Italia "Guida alle birre d'Italia" e delle focacce in accompagnamento!
€ 8 a persona
prenotazione consigliata
slowfoodgiovanevo@gmail.com / fb: https://www.facebook.com/events/365454066987346/
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