lunedì 23 marzo 2015

Mense: vogliamo un cibo buono, pulito e giusto - Vermut time! - Colazione a Parigi

Mense: vogliamo un cibo buono, pulito e giusto!

Le mense di scuole, ospedali e aziende sfornano ogni giorno milioni di pasti in tutta Europa. Detto 
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diversamente, acquistano ogni giorno tonnellate di ingredienti. Le mense pubbliche hanno la possibilità e la responsabilità di sostenere i produttori virtuosi locali e di offrire cibo fresco e gustoso in menù equilibrati. Il compito non è semplice. Le mense più grandi servono migliaia di persone, l’approvvigionamento dei prodotti e la logistica sono altrettanto imponenti. Per questo è fondamentale il coinvolgimento delle associazioni di categoria dei prodotti agricoli, per promuovere forme di aggregazione tra i produttori, che altrimenti vengono esclusi da questo mercato. Le mense più piccole possono avvalersi di una maggiore flessibilità, in particolare con l’appoggio delle autorità locali. Esistono esperienze virtuose in comuni di qualche migliaio di abitanti dove i genitori fanno la spesa in fattoria e sovrintendono in cucina. Ne esistono altre dove autorità locali e società ristoratrici promuovono alimenti coltivati in modo sostenibile, filiera corta, piatti tradizionali, sapori e odori della campagna. È chiaro che in tutto questo c’è un inghippo: i capitolati per appaltare il servizio.

Se l’aspetto economico prevale sugli aspetti qualitativi, difficilmente il piatto sarà a base di cibo fresco, gustoso, locale e prodotto in modo sostenibile. Per questo se si vuole cambiare in meglio la ristorazione collettiva è fondamentale coinvolgere tutti i soggetti interessati: genitori e insegnanti (nel caso delle mense scolastiche), dietisti, cuochi, enti appaltanti e società ristoratrici. Slow Food ha avviato numerose collaborazioni con mense scolastiche un po’ in tutto il mondo. Ora sta per firmare una convenzione per promuovere all’interno del ristorante del Parlamento Europeo a Bruxelles, cibo buono, pulito e giusto anche nel menù di chi decreta le politiche alimentari europee.

Vermut time!

Recentemente riscoperti sia dai produttori artigianali sia dal pubblico dei più giovani, i vini speziati sono ineluttabilmente legati a Torino e al Piemonte, ma la tradizione di aromatizzare i vini con erbe e radici, 
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per renderli “medicinali”, affonda già le sue radici in epoca greca e romana: allora come oggi, una delle erbe più utilizzate era l’assenzio. Nel corso dei secoli, con l’aumento degli scambi commerciali e l’arrivo delle spezie dall’Oriente, nacquero le bevande a base di vino aromatizzato per infusione con cannella, chiodi di garofano, rabarbaro, china. Il vermouth (o più semplicemente vermut) per come lo conosciamo oggi è un’invenzione del 1786 e si deve a uno dei mitici produttori torinesi: Antonio Benedetto Carpano. Il nome deriva da wermut, la parola tedesca che indica l’assenzio. Una scelta, quella dell’assenzio, vincente ma nata pressoché per caso o comunque per comodità: era un’erba di facile reperibilità in campagna, e quindi dal costo piuttosto basso. Il successo fu pressoché immediato, la liquoreria divenne il luogo più frequentato di Torino, la bevanda divenne uno dei simboli della città della Mole e presto fu un proliferare di produttori tra i quali Cora, Gancia, Martini & Rossi, Cinzano. Il resto è storia al sapore di leggenda: si dice anche che re Vittorio Amedeo III, una volta assaggiatolo, lo abbia eletto a bevanda di corte mettendo fine alla produzione del rosolio destinato ai palati reali. Ma per legge, oggi, cos’è esattamente il vermut? Una bevanda composta da almeno il 75% di vino, dolcificato e aromatizzato con un’infusione alcolica di varie erbe, soprattutto l’assenzio. Può essere bianco, rosso, rosé (non meno di 14,5°) e dry (non meno di 18°). Il rosé è l’unico caso ammesso nell’enologia italiana in cui sia possibile mescolare vino rosso, solitamente aromatico, e vino bianco.

L’aperitivo
Se l’articolo vi ha messo sete, forse è il momento di un aperitivo, ovviamente a base di vermut: abbiamo scelto tre classici, quelli che ogni barman che si rispetti deve conoscere a menadito. Iniziamo dall’Americano che, a dispetto del nome, è italianissimo. Si prepara direttamente in un bicchiere basso: si versano due o tre cubetti di ghiaccio, vermut rosso e bitter in parti uguali, e una spruzzata d’acqua di seltz; si decora con una scorza di limone e mezza fetta d’arancia. Un’altra specialità di fama internazionale ma di creazione italiana è il Negroni, che prende il nome da un conte fiorentino che avrebbe suggerito al barman del Caffè Casoni, nei primi anni del secolo scorso, una variazione più alcolica dell’Americano: in un bicchiere con alcuni cubetti di ghiaccio versate in parti uguali gin, vermut (meglio se rosso e dolce) e bitter, più una spruzzata (facoltativa) di acqua di seltz; decorate con mezza fetta d’arancia. Chiudiamo con il più alcolico e antico dei tre cocktail: il Manhattan. Nato nel 1874 in un bar dell’omonimo quartiere newyorkese, si ottiene miscelando (non shakerando) due parti di whisky e una di vermut e aggiungendo un paio di gocce d’angostura. Si serve in coppa, guarnito con una ciliegina al maraschino.

Colazione a Parigi!
questa settimana vi portiamo a...Parigi!!!!
Viaggiando, soprattutto nelle grandi città, spesso il momento più problematico della giornata è
Cafè Loustic
la colazione. Se non ci si vuole accontentare di quanto offerto dall’hotel o del caffè di qualche grande catena, è difficile trovare il posto giusto per iniziare bene la giornata. Se siete a Parigi ci sono almeno due indirizzi che possono rendere le prime ore del giorno molto più che piacevoli. Il primo è la bellissima pasticceria diJacques Genin in Rue de Turenne. Genin è uno dei più noti pasticceri di Francia. Il suo indirizzo del terzo arrondissement (l’altro si trova nel settimo in rue Varenne) è un elegante e ampio spazio, un po’ boutique e un po’ sala da tè. Qui la colazione (o anche la merenda pomeridiana) è quanto di più piacevole possiate immaginare. Per accompagnare il caffè o il tè potete infatti scegliere tra piccole torte, pasticcini o qualche pralina. La tarte au citron e, soprattutto, la millefoglie alla crema valgono da sole il viaggio. Il prezzo è un po’ più alto di quello che si è soliti spendere per cappuccio e brioche ma ne vale la pena.

Se, invece, siete alla ricerca di un ambiente più semplice, di un buon caffè e di qualcosa di salato, dirigetevi al Cafè Loustic (in foto), in Rue Chapon, nel bel mezzo del Marais. Ad accogliervi ci sarà Channa Galhenage, proprietario e grande appassionato di caffè, che seleziona e acquista da alcune tra le migliori torrefazioni artigianali d’Europa. Potrete così scegliere la miscela e la modalità di preparazione che più vi piacciono scegliendo tra il classico espresso o il caffè filtro. Da mangiare la proposta spazia tra ottime quiche, croccanti biscotti e buone torte.

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