lunedì 29 giugno 2015

Mozambico, ladri di terra sempre più voraci. Con il benestare del Governo - Ogm: assolti gli attivisti che misero in sicurezza in campo illegale - I cuochi internazionali del Made in Italy sfilano ad Expo

Mozambico, ladri di terra sempre più voraci. Con il benestare del Governo

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Aziende da 3000-10.000 ettari, monocolture industriali e braccianti-salariati al posto di piccoli agricoltori e duat: vecchi certificati d’uso che non valgono una proprietà. ProSavana è il più imponente progetto di agro-business nella storia del Mozambico. Coinvolge 14,5 milioni di ettari, una superficie più estesa di paesi come Portogallo o Malawi, e dove vivono circa quattro milioni e mezzo di persone. L’area interessata, nel Nord del Mozambico, tra le province di Niassa, Nampula e Cabo Delgado, è tra le più fertili dell’Africa australe. Secondo il progetto, ora all’esame del Consiglio dei Ministri, i fondi saranno garantiti dal Mozambico e dal Giappone mentre le tecnologie dal Brasile.
«Pensano a nutrire il mercato internazionale dimenticandosi di quello interno, mentre nella provincia di Nampula la gente muore di fame», denuncia all’agenzia Misna, dopo una “consultazione nazionale” a Maputo sul progetto di agro-business ProSavana, Clemente Ntauazi, coordinatore dell’Ong Acção Académica para o Desenvolvimento das Comunidades Rurais (Adecru.
Stando al Governo mozambicano, l’incontro nella capitale è stata un’occasione per far conoscere l’iniziativa e ascoltare le richieste di partiti, società civile, semplici cittadini. Secondo Adecru, invece, si è trattato dell’ennesimo incontro di propaganda davanti a una platea addomesticata composta di inviti “ad personam” e preselezioni. «Il Governo – dice Ntauazi – vuole poter dire agli investitori stranieri che la legge è stata rispettata, le ‘consultazioni’ si sono tenute e che ora si può cominciare a fare sul serio».
Secondo Ntauazi, però, sbandierando l’obiettivo della lotta alla fame la propaganda ufficiale nasconde i problemi decisivi: «ProSavana allontanerà i contadini dalle loro terre, riassumendoli solo su base stagionale, mentre in Mozambico serve un modello che consenta agli agricoltori di produrre per il loro fabbisogno e in aggiunta per il mercato». Nei nuovi latifondi si dovrebbe puntare su granturco e fagioli ma soprattutto sulla soia, una scelta che più che alla dieta nazionale si adatta ai mercati mondiali. Il risultato? «I contadini – denuncia il coordinatore di Adecru – diventano braccianti che producono per altri e poi non hanno i soldi per comprarsi da mangiare».
Una ricetta che andrebbe nella direzione opposta alla lotta per la sicurezza alimentare in un paese dove l’80% della popolazione vive di agricoltura. E che viene sostenuta dalle autorità nonostante esperienze analoghe abbiano dato frutti velenosi. Ntauazi ricorda un progetto di Agromoz, una società controllata dalla holding portoghese Grupo Amorim e legata all’ex presidente mozambicano Armando Guebuza: «Ha occupato 3000 ettari e i contadini sono stati costretti ad andarsene altrove, alimentando conflitti per la terra con le comunità ospitanti». In questo caso le incertezze del quadro legislativo non hanno aiutato. «In Mozambico la terra è proprietà dello Stato – sottolinea il coordinatore di Adecru – ma i contadini hanno diritto all’usufrutto se ci vivono o se la coltivano da almeno dieci anni; gliela si può togliere purché ci siano, appunto, ‘consultazioni’».


Ogm: assolti gli attivisti che misero in sicurezza in campo illegale
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Vi ricordate di Giorgio Fidenato e del suo campo di mais Gm a in Friuli? Era l’estate del 2010 quando la Task Force Per un’Italia libera da Ogm (di cui Slow Food Italia fa parte) viene a conoscenza di una semina illegale di MON810 della a Fanna, in provincia di Pordenone.
Denunciamo immediatamente la semina illegale allibiti per quanto sia facile in Italia farla franca e agire con tanta facilità creando danni potenziali enormi. Chiediamo l’intervento delle autorità che, perse tra le scartoffie e le solite trafile, mettono sotto sequestro il campo ma non lo distruggono, e soprattutto non lo mettono in sicurezza per evitare la contaminazione. Interviene dunque Greenpeace: preleva e analizza alcuni campioni di mais, scopre l’esatta posizione dei campi, isola e mette in sicurezza la parte superiore delle piante che già disperdevano il polline geneticamente modificato. Che cosa si doveva fare d’altronde? Al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone però la mossa non è piaciuta e nel gennaio del 2012 emette un decreto penale di condanna nei confronti di 23 attivisti per oltre 86 mila euro. Inizia il processo che si è concluso ieri con la piena assoluzione degli attivisti. Urrà.
«Anche il tribunale riconosce come legittimo un intervento che era assolutamente necessario. Non possiamo che essere più che contenti di questa sentenza: rende ancor più evidente quanto puntare su Ogm e agricoltura intensiva sia anacronistico oltre che fallimentare» commenta Cinzia Scaffidi, vice presidente di Slow Food Italia: «Il pianeta si nutre a partire dalla straordinaria biodiversità che ci mette a disposizione e solo chi si prende cura della terra riesce a tutelare e far fruttare. Che cosa aspettiamo a prenderne atto e concentrare sforzi e investimenti su un tipo di produzione che rispetti chi produce, ambienti, ecosistemi la nostra salute?»
P.S.
Anche Papa Francesco è d’accordo con noi, ecco che cosa scrive nell’Enciclica promulgata ieri: «L’estendersi di queste coltivazioni distrugge la complessa trama degli ecosistemi, diminuisce la diversità nella produzione e colpisce il presente o il futuro delle economie regionali. In diversi Paesi si riscontra una tendenza allo sviluppo di oligopoli nella produzione di sementi e di altri prodotti necessari per la coltivazione»



I cuochi internazionali del Made in Italy sfilano ad Expo


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Lunedì 29 giugno, in occasione dell’Italian Cuisine in the World Forum che si terrà dal 28 giugno al 1 luglio, 150 cuochi, ristoratori e distributori di prodotti dell’enogastronomia italiana provenienti da oltre 70 paesi saranno protagonisti di una giornata che inizierà a Cascina Triulza e si chiuderà nello Slow Food Teather.

In quest’occasione, il Decumano di Expo si trasformerà in un tappeto rosso, sul quale sfileranno cuochi ambasciatori del made in Italy, riuniti per dibattere i temi legati alla ristorazione italiana all’estero, le problematiche attuali e le sfide che incontra la produzione agroalimentare di eccellenza italiana, i successi e il futuro della cucina italiana nel mondo.
La “linea di traguardo” di questa marcia d’eccezione sarà proprio il padiglione di Slow Food a Expo, in un incontro in cui presenzierà anche il Ministro delle politiche agricole, ambientali e forestali, Maurizio Martina. [...]
Il Forum, già alla sua quinta edizione, è un’iniziativa promossa da itchefs-GVCI, un network che ha lo scopo di salvaguardare e promuovere l’enogastronomia e l’agroalimentare italiani nel mondo, promuovere le figure professionali del settore e contrastare le conseguenze dell’Italian sounding (l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promozionare e commercializzare prodotti affatto riconducibili al nostro paese) che, per questo evento, si avvale del sostegno di Lorenzo De Medici – The Italian International Institute e della Scuola nel Mercato Centrale (San Lorenzo) di Firenze. L’itchefs-GVCI conta oggi oltre 2500 professionisti della ristorazione italiana nel mondo, numero che ben esemplifica l’importanza del made in Italy all’estero, un settore che conta circa 100.000 ristoranti italiani nel mondo, autentici ambasciatori della cucina italiana, che servono ogni giorno milioni di clienti attratti dalla proposta enogastronomica nostrana, autentica e di qualità.
La sfilata dei cuochi a Expo non è che l’inizio. Da Milano, infatti, partiranno tre camper per una spedizione culinaria senza precedenti: Road to Dubai – The Italian Tasty way, che porterà un gruppo di cuochi, giornalisti e clienti di ristoranti della grande metropoli degli Emirati in giro per l’Italia, alla ricerca dei migliori ingredienti e cuochi per l’Italian Cuisine World Summit 2015. La conclusione dell’evento, mercoledì 1 luglio, sarà a Firenze, dove saranno trattati temi legati alla ristorazione italiana di qualità nel mondo, alla formazione delle figure professionali che vi lavorano e al riconoscimento della cucina italiana da parte dell’Unesco, come patrimonio dell’umanità. Verrà inoltre presentato ufficialmente il programma “Firenze (Toscana) Capitale della Cucina Italiana nel Mondo”, che punta a organizzare nel corso dei prossimi anni eventi che celebrino o approfondiscano la conoscenza dei mercati, della storia, dei personaggi e dei trend dell’enogastronomia italiana fuori dall’Italia.
Un evento articolato, che Slow Food sostiene perché da sempre riconosce l’importanza del ruolo che tutti gli attori della filiera alimentare hanno, dai contadini ai consumatori, passando, naturalmente, anche per i cuochi, che meglio di chiunque altro sanno valorizzare i prodotti di qualità. Al fine di incentivare il legame tra chef e prodotti dei Presìdi e dell’Arca del Gusto, degli ortaggi, dei frutti e dei formaggi prodotti localmente, Slow Food ha creato l’Alleanza Slow Food dei cuochi, che conta oggi oltre 400 professionisti che lavorano in osterie, ristoranti, bistrot e cucine di strada in Albania, Italia, Olanda, Marocco e Messico.


Per saperne di più sull'alleanza Slow Food dei cuochi http://www.fondazioneslowfood.com/it/cosa-facciamo/alleanza-slow-food-dei-cuochi/

 

giovedì 25 giugno 2015

Ricetta Presidio #6: Spaghetti con sardina essiccata tradizionale del lago d'Iseo

Spaghetti con sardina essiccata tradizionale 
del lago d'Iseo


ingredienti:
350 gr di speghettoni 
200 gr di sardine essiccate
un ciuffetto di prezzemolo
2 pomodori.

preparazione:
Ricavare dai pomodori la sola buccia, o meglio, la pellicina. Mattere la stessa su un foglio di carta forno e far seccare a bassa temperatura per 20 minuti circa nel forno. Una volta seccata, polverizzarla con il mini pimer o mixer. Non ne serve molta, è sufficiente ricavarne un cucchiaino da caffè.
In abbondante acqua salata buttare gli spaghetti e nel frattempo tagliare a striscioline i filetti di sardina. Versare l’olio di conservazione delle sardine in una padella, appena caldo aggiungere le sardine. Scolare la pasta ed aggiungerla al condimento con un paio di mestoli di acqua di cottura, amalgamare bene finchè l’acqua non è assorbita.
Impiattare aggiungendo un filo d’olio, pochissimo prezzemolo e la polvere di pomodoro.

Buon appetito!


lunedì 22 giugno 2015

Il territorio agricolo del nostro paese è la nostra identità, è ciò che siamo e ciò che eravamo - «Custodiamo il creato» Laudato si’, la seconda enciclica del Papa è dedicata alla cura dell’ambiente - Racconti di Luppolo

Il territorio agricolo del nostro paese è la nostra identità, è cio che siamo e ciò che eravamo
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Da alcuni anni giace, in un cassetto da qualche parte nel nostro Parlamento, un disegno di legge a tutela del territorio agricolo e del paesaggio rurale. Un primo passo per proteggere almeno in parte quel che resta del patrimonio di bellezza delle nostre campagne e delle nostre periferie, negli ultimi sessant’anni pesantemente rovinate, cementificate, impermeabilizzate, ferite.
La bellezza e la grande biodiversità umana e culturale della nostra penisola è figlia di un rapporto unico tra la civiltà umana e l’ambiente che l’ha ospitata per millenni. La sapienza dei contadini e la cura degli artigiani nel corso dei secoli hanno plasmato profondamente il paesaggio, rendendolo ciò che è oggi e rendendo noi ciò che siamo. Il modo in cui costruiamo lo spazio in cui viviamo dice infatti molto di noi e determina il nostro modo di abitare il mondo. Non solo, perché nel rapporto con la terra l’uomo disegna anche il proprio futuro, ciò che reputa importante, quei valori che hanno la priorità nell’orientare l’esistenza collettiva. Ecco, se questa premessa è vera oggi l’Italia non sta vivendo un periodo particolarmente felice. È sotto gli occhi di tutti il ritmo impressionante con cui i terreni agricoli vengono cementificati per fare spazio a capannoni che, spesso vuoti, ingigantiscono le nostre aree industriali o a grandi opere che oltre ad arricchire i costruttori apportano ben poco al sistema paese. È poi sufficiente osservare l’inesorabile processo di abbandono delle campagne, che priva proprio gli ecosistemi più caratteristici di quella mano dell’uomo che è parte integrante dell’equilibrio e della bellezza.
Già, perché deve essere chiaro che il modo per difendere il suolo e il paesaggio non è “togliere l’uomo”, creare oasi per turisti a targhe alterne, isolare e realizzare musei a cielo aperto. Quello è una piccola parte, che ha la sua importanza per territori particolarmente fragili, ma è minima e tale dovrebbe restare. Al contrario l’uomo deve tornare a occuparsi di territorio, ad abitarlo, tornare a stringere legami con la terra e a pianificare la gestione dello spazio.
Senza uomo non c’è futuro per il paesaggio agrario e rurale italiano. Ci vuole però un approccio radicalmente differente rispetto a quello degli ultimi decenni. Dobbiamo tornare a educarci all’equilibrio, alla gestione sobria, alla risistemazione di ciò che già esiste invece che alla costruzione e all’edificazione su terreni liberi. Ma soprattutto dobbiamo manutenere amorevolmente i nostri territori, consci del fatto che il gravissimo dissesto idrogeologico del nostro paese, oltre a essere figlio di decisioni urbanistiche dissennate e pochissimo lungimiranti, ha anche un forte alleato proprio nell’abbandono dei territori marginali.
L’enorme lavoro di pulizia dei boschi e dei fossi, di canalizzazione per il deflusso delle acque, di riparazione dei muretti a secco per contenere i pendii più a rischio hanno sempre e solo fatto i contadini.
Loro hanno presidiato le campagne e le aree montane e le hanno mantenute, senza peraltro mai essere retribuiti per questo servizio. Un paese che non ha rispetto e non remunera i lavoratori della terra come può sperare di incentivare i giovani a ritornare all’agricoltura? Se un territorio agricolo non è vivo, non è l’habitat per una comunità umana coesa e radicata, non c’è alcuna speranza di mantenerlo bello, armonioso, sicuro.
Il territorio agricolo del nostro paese è la nostra identità, è ciò che siamo e ciò che eravamo. Prendersene cura significa pensare a ciò che vogliamo per i nostri figli. Per fare questo occorre una buona legge sul consumo di suolo, che però nulla potrà se non ricominciamo noi stessi a fare ciò che un grande italiano, Luigi Veronelli, chiamava “camminare le campagne”.
Carlo Petrini


<<Custodiamo il creato>> Laudato sì, la seconda enciclica del Papa è dedicata alla cura dell'ambiente

È in uscita l’enciclica di Papa Francesco Laudato Si’Enciclica sulla casa comune
Il nuovo documento pontificio è dedicato alla casa comune, il Creato, la natura e l’ambiente, la cui tutela è oggi al centro di importanti dibattiti sul tema che – dopo Lima e Roma – sono emersi non solo in occasione di Expo Milano, ma anche ai più recenti incontri di Papa Francesco con i delegati Fao e, soprattutto, in vista della prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Parigi a fine novembre.
Un tema sociale ed ecologico, ma anche di fede molto caro a Papa Bergoglio che, direttamente dalle parole di San Francesco, ha più volte invitato i cristiani a prendersi cura del Creato e a essere custodi del disegno divino iscritto nella natura: «Ci uniamo per farci carico di questa casa che ci è stata affidata, sapendo che ciò che di buono vi è in essa verrà assunto nella festa del cielo. Insieme a tutte le creature, camminiamo su questa terra cercando Dio».
E ancora: «Un vecchio contadino una volta mi ha detto: “Dio perdona sempre. Noi, gli uomini, perdoniamo alcune volte. La natura non perdona mai” Se tu la prendi a schiaffi, lei lo fa a sua volta. Credo che noi abbiamo sfruttato troppo la natura».
Ampia la foliazione: duecentoquaranta pagine introdotte da Carlo Petrini, presidente e fondatore di Slow Food che offre una guida alla lettura al documento pontificio: «Quest’Enciclica è innanzi tutto una dura ma obiettiva presa di coscienza sulla realtà della nostra casa comune, la terra con il suo Creato» spiega Petrini. «È lucidissima nell’analisi di quanto danno abbiamo fatto alle cose e alle persone impostando i nostri modelli di sviluppo in maniera dissennata, per cui abbiamo lasciato che la nostra politica soggiacesse all’economia e l’economia alla tecnologia. Nella sua prima parte lo scritto è un perfetto riassunto, altamente educativo, della situazione in cui si trova il mondo: inquinamento e cambiamento climatico, la questione dell’acqua, la perdita di biodiversità con le conseguenze del deterioramento della qualità della vita umana, il degrado sociale, il diffondersi dell’iniquità in un mare d’indifferenza e di presunta impotenza. Ci parla della realtà in maniera cruda ma non interpretabile, e dalla realtà, a cui più volte e in maniera niente affatto casuale l’Enciclica si àncora, parte per le considerazioni successive.>>
Saper guardare, con la stessa capacità di sorprendersi e intenerirsi per la bellezza del Creato propria di San Francesco –questa magnificenza sta tutta nel titolo, Laudato si’ – vuole anche dire saper cogliere uno stato umano non più adeguato alla casa comune, e calarsi pienamente nel nostro tempo. Il richiamo a «coltivare e custodire», così come è scritto nella Genesi (2,15), citata in più occasioni nelle pagine che seguono, è un rimando a qualcosa di antico e ancestrale, che ci chiede sin dall’inizio dei giorni di vivere con equilibrio la nostra natura più profonda di esseri umani. Intanto, diventa un impegno rivoluzionario per il futuro. Non c’è dubbio che queste parole rappresentino uno dei momenti di svolta più importanti nella storia della Chiesa e soprattutto dell’umanità».

Racconti di Luppolo

Il quarto appuntamento e l'ultimo per il mese di giugno è dedicato alla BIRRA ARTIGIANALE!

Venerdì 26 giugno dalle ore 19.00 alle ore 20.30
@CB2015 Spalti San Michele Città Alta BG

L'aperitivo comprende la degustazione delle birre bergamasche vincitrici nella guida Slow Food dedicata alle birre artigianali d'Italia "Guida alle birre d'Italia" e delle focacce in accompagnamento!

€ 8 a persona

prenotazione consigliata

slowfoodgiovanevo@gmail.com / fb: https://www.facebook.com/events/365454066987346/

giovedì 18 giugno 2015

Presidio #6: Sardina essiccata tradizionale del lago d'Iseo

Sardina essiccata tradizionale del lago d'Iseo



Conosciuta localmente come “sardina” è in realtà un agone (Alosa agone, syn. Alosa fallax lacustris) ma è chiamata sardina per la sua particolare forma, simile a quella del noto pesce marino.

DOVE: l'area di produzione è appunto il lago d'Iseo, nella provincia di Brescia.

COME: La pesca si pratica tutto l’anno, tranne nei mesi primaverili della riproduzione, ma raggiunge il culmine da novembre a marzo. I pescatori del lago di Iseo escono al tramonto e posizionano le reti di profondità, le sardenere, in mezzo al lago, ad almeno 200 metri dalla riva, ancorandole alle apposite boe. All’alba ritornano e le issano. Il pesce è subito eviscerato praticando un’incisione nella pancia oppure facendo defluire le interiora attraverso un foro praticato appena sotto la testa.
Successivamente le sardine sono lavate in acqua corrente e lasciate per almeno 48 ore sotto sale.
Dopo questo breve periodo di salatura sono poste a essiccare al sole e all’aria del lago per circa trenta o quaranta giorni. Per essiccare gli agoni si utilizzavano in passato rami di frassino o carpino, piegati ad arco e tenuti in posizione da fili tesi legati alle estremità: le sardine si infilavano, una ad una, in questi fili. Si chiamavano archèc in dialetto locale. Questa operazione era fatta solo nel periodo invernale, per evitare il caldo, che avrebbe deteriorato il pesce, e anche per scongiurare l’attacco degli insetti, soprattutto delle mosche. A volte gli archec erano collocati sulle stesse barche dei pescatori. Le strutture di essiccazione oggi si sono evolute, sono più grandi e sono poste su appositi terrazzi ombreggiati. Il pesce viene inchiodato per la testa ai gancetti presenti sulle assicelle di legno che compongono le intelaiature, a file parallele.

CARATTERISTICHE: Dopo l’essiccazione sono disposte in modo concentrico in contenitori di acciaio, oppure in legno, come era in passato, e sono pressate con un peso, o torchiate, per far uscire il grasso, che viene subito eliminato. Dopo questa operazione si ricoprono le sardine con olio di oliva. Si conservano per alcuni mesi, ma durano anche fino a due anni, avendo cura di cambiare l’olio dopo 9 o 10 mesi. Dopo qualche mese di maturazione le sardine diventano dorate e si possono mangiare dopo averle cotte, per pochi minuti, sulla brace ardente. Sono quindi condite con olio, prezzemolo e aglio e servite con polenta: il piatto più tradizionale del lago, dal sapore intenso e particolare.

Questo metodo di conservazione è stato messo a punto nel tempo dai pescatori del lago d’Iseo per conservare a lungo le sardine che, in alcuni periodi dell'anno, erano pescate in grandi quantità. Secondo la tradizione orale, questa tecnica risalirebbe ad almeno mille anni fa, quando i pescatori della piscaria di Iseo ogni anno dovevano consegnare una precisa quantità di pesce essiccato al monastero di Santa Giulia di Brescia. I pescatori provenivano in particolare da Monte Isola, un’isola molto grande del lago d’Iseo. Nel tempo in questo piccolo centro si è sviluppato un artigianato legato alla produzione di reti da pesca e barche di legno (i naét, simili alla gondola). Fino agli anni Settanta del Novecento, Monte Isola era uno dei principali produttori mondiali di reti da pesca, schiacciato in seguito dalla concorrenza dei fabbricanti industriali giapponesi; rimangono ciò nonostante alcuni artigiani, soprattutto nella frazione di Peschiera Maraglio. Oggi sul lago rimangono pochi pescatori professionisti, il loro lavoro è faticoso e poco redditizio. L'eccessivo prelievo di pesce e la mancanza di un’attività di ripopolamento nel lago d’Iseo fanno sì che il pescato locale sia in costante diminuzione, tanto che si è diffusa una produzione di sardine essiccate fatta con pesce proveniente da altri laghi.  

STAGIONALITA': Per la trasformazione si utilizzano solo quelle pescate e lasciate essiccare all'aria da dicembre a marzo.

PRODUTTORI
Danilo Baiguini
CostaVolpino (Bg)
Via Torione, 46
tel. 035 972669 - 338 3766946
iltincone@libero.it

Fernando Soardi
MonteIsola (Bs)
via Carzano, 38
tel. 030 9825154 – 338 4037775
soardi@inwind.it 


fonte: http://www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/sardina-essiccata-tradizionale-del-lago-di-iseo/

martedì 16 giugno 2015

Street Food and Beer

Per il terzo anno consecutivo la Rete Giovane della condotta Valli Orobiche parteciperà alla Sagra di San Pietro, giunta alla sua 14ma edizione.

L'ormai consolidata presenza di Slow Food in tale contesto, ha come obiettivo quello di fornire un valore aggiunto ad un evento che già presenta un'attenzione elevata agli aspetti legati al cibo, alla tradizione ed alla cultura.

Quest'anno abbiamo deciso di concentrarci su alcune tematiche che stanno prendendo piede con enorme rapidità, tanto da essere entrate con forza nelle nostre abitudini quotidiane.
Affronteremo i temi delle birre artigianali, del "cibo di strada" e del "mangiare locale", distaccandoci dalla visione modaiola e commerciale che spesso hanno acquisito, raccontando come Slow Food interpreta e tutela in modo autentico queste importanti forme di ristorazione.

Presenteremo quindi i valori del mondo brassicolo artigianale che Slow Food sostiene e difende, andando poi a degustare alcune birre del birrificio Kaos, gestito da giovani produttori, nato da pochi anni e (siamo fiduciosi!) ormai pronto ad effettuare il passo fondamentale per l'ingresso nella guida delle birre d'Italia di Slow Food.

Cibo di strada e locale, saranno le occasioni per mangiare in compagnia il classico "pà e strinù" (con salamella dell'az. agricola Soleluna di Tagliuno), pesciolini fritti al cartoccio del lago d'Iseo ed una selezione di formaggi dell'az. agricola Lazzari di Tagliuno.

QUANDO? SABATO 27 GIUGNO 2015, ALLE ORE 20:00

DOVE? SAGRA DI SAN PIETRO, A TAGLIUNO DI CASTELLI CALEPIO (SUL SAGRATO PARROCCHIALE)

Due formule di cibo di strada:

- degustazione guidata di 2 birre + pà e strinù + cartoccio di pesciolini fritti a 10€;
- degustazione guidata di 3 birre + pà e strinù + cartoccio di pesciolini fritti + degustazione di tagliere di formaggi vaccini a 15€.

Per i non soci Slow Food e per i partecipanti con più di 30 anni d'età il prezzo della formula scelta verrà maggiorato di 2,00€.

Iscrizioni a mauri@slowfoodvalliorobiche.it, comunicando il numero di persone partecipanti, numero di soci/non soci ed età.

Non sei ancora socio? Sostieni i progetti di Slow Food e tesserati durante la serata!

lunedì 15 giugno 2015

C’è l’accordo sul clima fra i leader del G7 - Prepariamoci al futuro: la nuova ristorazione scolastica targata Slow Food - racconti di un norcino

C'è l'accordo sul clima fra i leader del G7

Che cosa dobbiamo aspettarci da questo G7 che oggi mette sul tavolo (su proposta di Angela Merkel) cambiamento climatico e terrorismo? A fine giornata leggiamo nel comunicato finale che i leader del G7 di Elmau si sono messi d’accordo per intraprendere un’azione «urgente e concreta ». La nostra speranza è che ovviamente non siano le solite chiacchiere. I capi di Stato si sarebbero accordati sul mantenere l’aumento della temperatura globale entro il limite di 2 gradi rispetto ai livelli preindustriali, su cui erano divisi fino a poco tempo fa. L’obiettivo prevede anche una riduzione dal 40% al 70% delle emissioni rispetto a quelle del 2010 entro il 2050, «nell’ambito di una risposta mondiale» al problema. I Paesi del G7 si sono impegnati a «Fare la loro parte per arrivare a un’economia globale che a lungo termine non consumi eccessivo carbonio». Noi speriamo che non siano le solite chiacchiere. Soddisfatta anche Angela Mekel che aveva chiamato i suoi colleghi a confermare il fondo stabilito alla conferenza sul clima del 2009 a Copenaghen, quando era stata concordata la creazione entro il 2020 di un fondo da 100 miliardi l’anno, destinato ad aiutare i Paesi poveri ad affrontare gli effetti del cambiamento climatico: nella conferenza stampa finale del summit, la Cancelliera ha assicurato la volontà del G7 di far rispettare l’impegno di lungo termine preso a Copenaghen nel 2009. Speriamo.
In giornata (leggiamo e riportiamo dall’Ansa) José Graziano da Silva, direttore generale della Fao, aveva lanciato il suo appello: «Il cambiamento climatico mette una ipoteca sul futuro delle attività produttive legate alla produzione alimentare, in particolare per i pescatori, i piccoli agricoltori, le attività rurali a conduzione familiare, e sarà perciò il tema prioritario alla nostra attenzione per i prossimi due anni. Chiediamo un impegno politico per l’attenuazione dei cambiamenti climatici perché hanno un forte impatto sulla sicurezza alimentare»
L'8 giugno è stata la giornata  dedicata alla tutela degli oceani, il World Oceans Day, ecosistemi che stiamo rovinando e che diventano sempre più acidi. Ci ricorda Da Silva che «se questo fenomeno continua, si mette in crisi il sistema produttivo globale. È tempo agire per la “crescita Blu”, la gestione ecosostenibile delle attività negli oceani, e la Fao lo farà, perché non è tempo di pessimismo ma è il momento di agire» ha assicurato «Tuttavia tutto ciò presuppone un cambiamento di paradigma, di approccio cioè più lungimirante e sostenibile. Azioni che hanno un costo e che i singoli pescatori, i produttori artigianali, le comunità indigene dei Paesi in via di sviluppo non possono sostenere da soli».
Il fatto è che siamo un po’ tutti responsabili del cambiamento climatico: stili di vita, abitudini alimentari, spreco, scelte nella cabina elettorale… ma a farne maggiormente le spese sono coloro che meno contribuiscono a danneggiare clima e ambiente. L’unica certezza è che alla fine ne pagheremo le conseguenze tutti. Tanto vale iniziare a pensarci subito, almeno un pochino.


Prepariamoci al futuro: la nuova ristorazione scolastica targata Slow Food

Scommettiamo tutto su bambini e territorio. Perché siamo certi sia la scommessa vincente. Chi di noi non desidera valorizzare le risorse del proprio territorio? E chi non vuole il meglio per i propri figli, nipotini, amici, cari? E allora perché non unire questi due bisogni e farne una soluzione?
È quello che stiamo facendo negli Appennini con il progetto “Pensa che mensa… nel Parco”: unire le forze per realizzare qualcosa di molto logico e che in effetti non dovrebbe essere complicato, ma che invece norme, vincoli e mercato rendono difficile realizzare.
E allora ecco che una bella squadra composta dalle Condotte Slow Food di Forlì, del Casentino, del Mugello e versante Fiorentino, il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna ha avviato questo progetto dopo un lungo percorso di indagini e ricerche, sotto la supervisione di Slow Food Italia.
Due grandi ostacoli separano la domanda dall’offerta: l’impossibilità da parte delle piccole imprese agricole di affrontare da sole il mercato, e una domanda, quella delle mense scolastiche, obbligata a vincoli burocratici incapaci di percepire le difficoltà delle piccole imprese. Il progetto dunque, raggiunge diversi obiettivi: supporto alle produzioni agricole locali affinché possano accedere al mercato e remunerare i produttori, e l’educazione alimentare delle nuove generazioni, dei genitori, degli insegnanti e di tutta la comunità che ruota intorno al Parco.
Finalmente adesso “Pensa che mensa … nel Parco” porta a scuola l’eccellenza agricola del territorio. E così 12 Comuni e 258.700 pasti annui consumati nelle scuole del Parco possono diventare il volano per una nuova economia. E la volontà è quella di estendere l’iniziativa a tutto il territorio e ad altre strutture.
“Pensa che mensa… nel Parco” è un progetto inserito all’interno di Oltreterra, una nuova avventura che abbiamo avviato nelle montagne appenniniche. Oltreterra nasce da un’idea della Condotta Slow Food di Forlì in collaborazione con la condotta Slow Food del Casentino, le associazioni di promozione locale presenti nei Comuni del Parco Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, e del Parco stesso. L’intento? Sostenere le migliori idee già realizzate nei territori montani (in Italia e all’estero) e replicarle. Oltreterra (www.oltreterra.it) è un’azione locale interna agli Stati generali delle Comunità dell’Appennino, progetto esteso su tutto il territorio nazionale e sostenuto da Slow Food Italia.


Racconti di un norcino


Siamo arrivati al terzo appuntamento della ricca programmazione estiva che la rete giovane di Slow Food Valli Orobiche ha all'interno del progetto CB2015 sugli spalti San Michele in Città Alta.
Questa settimana il prodotto a cui diamo attenzione è il salame!

La degustazione comprende:
-salame delle tredici lune
-vino bergamasco
-pizza bianca

vi aspettiamo venerdì 19 giugno alle ore 19.00 alle ore 20.30!

costo a persona €8

prenotazione consigliata
per info:
slowfoodgiovanevo@gmail.com / fb: https://www.facebook.com/events/905100706215220/
 


giovedì 11 giugno 2015

Le Giovani Ricette #31: Insalata di riso tricolore

Insalata di riso tricolore


Siamo alle porte dell'estate da calendario, ma nel nostro orto riusciamo già a trovare quei prodotti estivi che tanto amiamo come la ZUCCHINA.
Quindi che c'è di meglio che unirla ad altri buoni prodotti per fare un primo piatto fresco e comodo anche da portare come schisceta al lavoro?


Ingredienti:
riso 300g
zucchine 3
pomodorini ciliegini 3 grappoli
mozzarella 1
olio
formaggio grattuggiato 50 g
sale

Procedimento:
Portate ad ebolizione dell'acqua per far cuorece il riso, una volta cotto scolatelo e fatelo raffreddare.
Nel frattempo preparate il pesto alle zucchine(il verde del tricolore). Tagliate grossolanamente le zucchine e mettetele a cuocere in acqua, quando saranno cotte, ma ancora aldente, scolatele e mettetele in una ciotola con acqua fredda e ghiaccio per raffreddarle e fargli mantenere il colore.
Mettete le zucchine e il formaggio grattuggiato nel mixer e tritate con dell'olio, sarà così pronto il pesto che dovrà essere fatto raffreddare ulteriormente in frigorifero.
Tagliate poi la mozzarella in pezzettini (il bianco del tricolore) e tagliate anche i pomodorini(il rosso del tricolore).


Una volta che il riso e il pesto saranno freddi mescolateli insieme, aggiungete poi la mozzarella e i pomodorini. Se serve aggiungete un filo d'olio e ovviamente servite freddo!
Buon appetito

mercoledì 10 giugno 2015

Eventi Slow al @CB2015


Durante tutta l'estate ci potete trovare sugli spalti San Michele di Città Alta nello spazio @CB2015 con tante iniziative!
I primi due mesi sono dedicati agli aperitivi tematici.
Stanchi dei soliti aperitivi?
Noi vi proponiamo la scoperta del cibo del territorio in un ambiente conviviale e nella cornice dello splendido panorama di città alta!
Ogni settimana conosceremo nuovi prodotti e nuovi produttori partendo dalla valle e scendendo alla pianura.
Il primo venerdì di giugno è dedicato ai RACCONTI DI MALGA, cioè un viaggio tra i caseifici bergamaschi alla scoperta dei Presidi Slow Food - Agrì di Valtorta e Stracchino all'antica delle Valli Orobiche - e il Formai de mut abbinati a vini locali e accompagnati da focacce e pizze bianche.
Sabato 13 giugno è dedicato a RACCONTI DI VIGNA, un viaggio immersi nei profumi e nelle sensazioni che il vino può dare. Vi proponiamo una degustazione di 8 vini Valcalepio accompagnati da pizze e focacce bianche.
Venerdì 19 giugno vi narriamo i RACCONTI DI UN NORCINO in cui il protagonista sarà il Salame delle 13 lune e la sua storia nata proprio nella Rete Slow Food.
Venerdì 26 giugno sarà la volta dei RACCONTI DI LUPPOLO un viaggio nel mondo della birra e dei suoi produttori artigianali. Durante l'aperitivo sarà possibile degustare le quattro birre bergamasche premiate dalla Guida delle Birre Slow Food in accompagnamento a pizze bianche e focacce.
A seguire la SlowSummer! La prima festa della birra Slow Food alla quale saranno presenti I birrifici artigianali bergamaschi e tanta musica e divertimento!
Gli aperitivi tematici si ripeteranno nel mese di luglio, tutti i GIOVEDì.
il 30 luglio vi aspettiamo con l'evento “il giro del mondo in 80 minuti” in cui saranno presentati i progetti Slow Food e si potranno degustare alcuni Presidi Slow Food;
il 6 agosto dedichiamo la serata agli Orti con “Pianeta Orto” una serata in collaborazione con gli Orti in città alta nel quale si potranno apprendere i trucchi del mestiere e il potere politico dell'orto.
Ci fermiamo per le settimane centrali di agosto per poi tornare il 3 settembre con l'ultimo evento: "Musicocibando", racconti di cibo in musica.
Vi aspettiamo numerosi!!
Tutti gli eventi si svolgono dalle 19.00 alle 20.30 tranne la SlowSummer che durerà fino all'1.00 di notte.
Ogni aperitivo ha un costo di 8 euro a persona, si può acquistare la formula abbonamento:
4 aperitivi a scelta: 30 euro;
4 aperitivi a scelta + tessera socio giovane Slow Food (under 31): 35 euro;
È sempre consigliata la prenotazione.

Per riservare il tuo posto manda una mail a slowfoodgiovanevo@gmail.com o chiama il numero 3408625981 (Michela)

lunedì 8 giugno 2015

Basta spreco di cibo - La sovranità alimentare è un progetto politico - Racconti di vigna

Basta spreco di cibo

Da qualche anno la tematica dello spreco alimentare ha acquisito interesse da parte di un pubblico sempre più ampio. La sensibilità nei confronti del tema aumenta costantemente così come le esperienze virtuose di persone e associazioni che con metodologie e approcci differenti mettono in pratica iniziative di promozione di stili di vita più sobri e attenti, così come interventi sulle filiere produttive che riducono la quantità di cibo edibile che finisce nella spazzatura, un fenomeno che ha numeri impressionanti. Gli ultimi dati della FAO, infatti, parlano di uno spreco alimentare che ha superato il 35% della produzione totale. Sono cifre che lasciano senza parole, ma che ancora una volta indicano come il primo campo da arare nella lotta alla malnutrizione e alla fame sia proprio quello dello spreco.
Oggi ci troviamo però di fronte a una novità assoluta nel vasto panorama delle azioni “anti-spreco”: per la prima volta un parlamento, quello francese, ha votato all’unanimità una legge che sostanzialmente istituisce il reato di spreco alimentare. La misura si rivolge essenzialmente a uno dei nodi della filiera alimentare, non certamente l’unico a creare spreco, quello della grande distribuzione organizzata. Si tratta in ogni caso di un passo importante. Dall’entrata in vigore di questa legge, infatti, non sarà più possibile per i negozi sopra i 400 metri quadrati smaltire l’invenduto trasformandolo in rifiuto quando ancora edibile, pratica purtroppo comune.
Chi contravverrà a questa norma rischia fino a 2 anni di carcere e multe molto salate. Anche se personalmente non amo gioire sull’introduzione di pene severe o di misure deterrenti forti, in questo caso era necessario dare un segnale deciso per affermare che buttare via un prodotto ancora mangiabile è un torto che si commette nei confronti di chi lo ha prodotto, di chi non ha accesso al cibo che noi buttiamo, di chi soffre di povertà e malnutrizione ma anche nei confronti di tutte le generazioni che verranno dopo di noi ad abitare questa Terra. Sprecare il cibo significa anche sprecare tutte quelle risorse non rinnovabili che sono state necessarie alla sua produzione: acqua, suolo fertile, energia.
In un mondo in cui una parte consistente degli scompensi ambientali è attribuibile proprio all’attività di produzione di cibo (non dimentichiamo ad esempio che più del 70% dell’acqua è utilizzata in agricoltura), questa ingiustizia intergenerazionale è ancora più inaccettabile.
L’iniziativa francese pone finalmente nero su bianco un concetto che per millenni ha fatto parte del bagaglio culturale di tutti i popoli del mondo e che solo nell’ultimo secolo è andato perdendosi: il valore del cibo.
Lo spreco del cibo è d’altro canto solo l’aspetto più tangibile di un modo di produrre, distribuire, vendere e consumare il cibo che non funziona. Sempre secondo le fonti FAO, la quantità di cibo che finisce nella spazzatura costa, a voler proprio quantificare tutto con il metro del denaro, una cifra stimata in circa un trilione di dollari ogni anno. Possiamo permetterci tutto questo? La Francia ha detto no, e non si è limitata a dirlo istituendo pene carcerarie e pecuniarie per gli spreconi, ma ha anche, e questo è l’aspetto che più trovo significativo e condivisibile, stabilito la realizzazione di programmi di educazione nelle scuole primarie. Insegnare ai bambini, fin dalla tenera età, che il cibo va rispettato al pari del lavoro di chi l’ha prodotto e che sprecarlo reca un danno economico e ambientale, è un passo senza il quale non possiamo pensare a un futuro diverso. Se non impariamo a essere cittadini migliori non c’è norma che tenga, per questo l’educazione alimentare deve entrare a pieno titolo nei programmi scolastici.

fonte:http://www.slowfood.it/basta-spreco-di-cibo/

La sovranità alimentare è un progetto politico

La sovranità alimentare è un progetto politico. Questo il messaggio di Expo dei Popoli, forum internazionale della società civile e dei movimenti contadini appena svoltosi a Milano.
I 150 delegati dai cinque continenti, alcuni dei quali della rete di Terra Madre, si sono riuniti per rispondere alla sfida di Nutrire il Pianeta, tema di Expo2015, con una visione alternativa, quella dei veri contadini. La parola dovrebbe indicare infatti quanti nel mondo coltivano la terra per venderne i frutti, ma non sono grandi imprenditori o proprietari terrieri dediti alla monocoltura e implicati nei grandi processi di produzione a livello globale. Per contadini si intende gli agricoltori su piccola scala, i quali spesso, attraverso raccolti e attività diversificate, mantengono vivo il tessuto sociale di una comunità.
Come evidenziato dalla coordinatrice internazionale della Via Campesina Elizabeth Mpofu dallo Zimbabwe in un colloquio con Carlo Petrini, gli small-scale farmers (è la parola inglese che li definisce meglio) sono tenuti ai margini dei processi decisionali, mentre si tiene conto degli interessi di grandi gruppi economici. Eppure, secondo la Fao, le aziende agricole familiari producono l’80% del cibo a disposizione nel mondo e sono l’ossatura dell’agricoltura.
Il problema è che i Paesi in cui i contadini sono ancora più del 50% della popolazione sono quelli a più basso Pil mondiale, poco o niente ascoltati nei consessi dove si discutono le economie globali, mentre nei Paesi ricchi le percentuali si aggirano intorno al 4%: troppo pochi per poter influenzare le scelte della classe politica, sensibile al peso elettorale delle varie categorie sociali. Ecco perché da Expo dei Popoli il messaggio è stato: sovranità alimentare, cioè rafforzamento delle produzioni tradizionali attraverso i circuiti locali, e alleanza tra contadini e cittadini-consumatori per un cibo che risponda davvero all’interesse collettivo: obiettivo quest’ultimo che dovrebbe guidare l’azione politica, almeno in teoria.

fonte: http://www.slowfood.it/la-sovranita-alimentare-e-un-progetto-politico/

Racconti di vigna

E' in arrivo il secondo aperitivo tematico di Slow Food Rete Giovane - Valli Orobiche!!!

Questa settimana vi parliamo di VINO!
 
Sabato 13 giugno dalle ore 19.00 alle ore 20.30
 
ESTIVO CB 2015 - spalti san michele - Città Alta Bergamo
 
8 euro a persona
 

Vieni a degustare 8 vini accompagnati da pizze bianche e focacce alla vista del meraviglioso panorama di città alta!

                          Vi aspettiamo!!

prenotazione consigliata

per info:

slowfoodgiovanevo@gmail.com

fb: https://www.facebook.com/events/823750697721594/
  

 

 

giovedì 4 giugno 2015

L'allevamento intensivo

L'allevamento intensivo

Per la rubrica "a tavola con noi" questo mese vi parliamo dell'effetto che l'allevamento intensivo ha sull'ambiente e sulle persone, dandovi anche qualche piccolo consiglio!

1- L’allevamento intensivo consuma una quantità esorbitante di acqua!!!
La tabella seguente mostra i dati riferiti alla quantità di acqua necessaria a produrre 1 kg di cibo.


Cosa succede...

... all’ambiente

2- Secondo la Fao, il bestiame produce il 18% dei gas serra che intrappolano il calore
dell’atmosfera e questo determina:
  •  scioglimento dei ghiacci
  •  innalzamento del livello del mare
  •  calamità naturali come esondazioni e tempeste
  •  assottigliamento dello strato di ozono
  •  acidificazione degli oceani
  •  costante e crescente desertificazione
... alle persone
  • maggiore resistenza agli antibiotici
  •  manifestazione di malattie umane nuove, soprattutto virali (per esempio epidemie influenzali)
  • danni da inquinamento
  •  carenza di terreni destinati alla produzione di alimenti per consumo umano e aumento di terreni adibiti alla produzione di mangime animale
  • maggiore povertà tra chi vive di agricoltura di sussistenza basata sull’equilibrio climatico (stagioni secche e piovose)
  • maggiore incidenza di malattie legate all’eccessivo consumo di grassi e proteine animali: patologie cardiovascolari, cancro, diabete, ipertensione, obesità 
 Buone pratiche e consigli per l’acquisto
− basare la propria dieta su alimenti vegetali che possono sostituire la carne (legumi in primis)
− consumare meno carne e di migliore qualità, evitando quella proveniente da allevamenti intensivi
− variare i tipi di animali e le razze che si scelgono, prediligendo carni alternative (animali da cortile, selvaggina, ovini) e tagli meno noti
− fare attenzione al prezzo: prezzi troppo bassi spesso sono indice di sfruttamento animale e/o ambientale
− preferire carni provenienti da consorzi, associazioni o aziende con disciplinari rigorosi su alimentazione e benessere animale, nonché informazioni chiare sulla tracciabilità del prodotto
− consumare carni di animali allevati e macellati in Italia, meglio se locali e da piccoli allevatori di razze autoctone
− valutare con più tolleranza la presenza di grasso, che può essere prova di benessere animale
− leggere bene le etichette

martedì 2 giugno 2015

Fao: la fame nel mondo scende sotto gli 800 milioni di persone, ma non possiamo cantar vittoria - Fave: più di un semplice legume - Racconti di malga

Fao: la fame nel mondo scende sotto gli 800 milioni di persone, ma non possiamo cantar vittoria


Decine di stati che, nel mappamondo FAO sull’emergenza alimentare, passano dal rosso scuro a gradazioni più tenui. Un’immagine che rende piuttosto bene l’impatto della notizia emersa dall’ultimo rapporto annuale delle Nazioni Unite sulla fame, secondo cui sono 72 i Paesi che hanno dimezzato la percentuale delle persone cronicamente sottoalimentate.

Oggi, stando al rapporto le persone colpite dalla fame sono circa 795 milioni, più di 200 milioni in meno rispetto al biennio ‘90/’92. Un numero impressionante, se si considera come da allora la popolazione sia aumentata di quasi 2 miliardi: a questo si aggiunge la notizia secondo cui 29 di questi paesi hanno raggiunto il traguardo del dimezzamento del numero totale delle persone denutrite entro il 2015, stabilito dal Vertice Mondiale sull’Alimentazione del 1996.
Il Direttore Generale Fao Josè Graziano da Silva ha festeggiato questo risultato ricordando l’impegno collettivo contro la fame da parte delle Nazioni Unite: «Dobbiamo essere la generazione Fame Zero. Questo obiettivo dovrebbe essere integrato in tutti gli interventi politici ed essere al centro della nuova agenda per lo sviluppo sostenibile da stabilire quest’anno».
 
Ottime notizie, che vanno però contestualizzate: i progressi sono ancora insufficienti nei Paesi in via di sviluppo, dove l’instabilità politica, tensioni e conflitti sociali, emergenze ambientali e sanitarie non danno tregua alle popolazioni. Basti pensare all’Africa, dove 24 Paesi, il doppio rispetto al 1990, affrontano crisi alimentari. Nel complesso il quadro è eterogeneo, con situazioni a macchia di leopardo: buoni i risultati in Asia orientale, America Latina e Caraibi, Sud Est Asiatico e alcuni Paesi dell’Africa. Molto inferiori i progressi in Asia Meridionale; rimangono critiche le situazioni dell’Africa sub-sahariana e dell’Asia occidentale.
Nonostante una situazione così caotica e irregolare, esaminando i dati del rapporto emerge come esistano tratti comuni a quasi tutti gli stati che hanno visto migliorare in modo sensibile l’emergenza fame.Prima di tutto lo sviluppo della produttività agricola su piccola scala, con il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita dei piccoli nuclei contadini familiari.Un altro fattore fondamentale è lo sviluppo di un’economia inclusiva: l’aumento del gettito fiscale non significa automaticamente progresso, e il miglioramento delle condizioni di nutrizione si verifica solo in quei Paesi in cui vengono tutelati e assistiti anche i settori produttivi economicamente più deboli, e in cui la ricchezza viene ridistribuita in modo più omogeneo.Infine è fondamentale anche lo sviluppo della protezione sociale. Parliamo di trasferimenti di denaro a famiglie vulnerabili, programmi di assicurazione sanitaria, mense scolastiche, appalti agli agricoltori locali: insomma quando si stabilisce una solida rete di solidarietà sociale, le condizioni della fame e della salute tendono a migliorare. Le persone ben nutrite e in salute a loro volta tenderanno a produrre di più: ed ecco innescato il circolo virtuoso.

fonte: http://www.slowfood.it/fao-la-fame-nel-mondo-scende-sotto-gli-800-milioni-di-persone-ma-non-possiamo-cantar-vittoria/

 Fave: più di un semplice legume

Uno snack d’altri tempi, una merenda che annuncia la primavera con la sua combinazione di fresco, dolce e una punta di salato: è tempo di fave e pecorino, come si usa in buona parte dell’Italia centrale. Crude, tenere, appena raccolte, le fave si abbinano perfettamente a un formaggio non troppo impegnativo, ma qualcuno le combina anche felicemente a qualche fetta di salame. Presente in modo significativo nei ricettari di mezza Italia come ingrediente di insalate, paste asciutte, zuppe e minestre (favetta, frittella, scafata, macco, ’ncapriata), stufati (ciaudella, faixeddas a cassola), la fava è un legume importantissimo nella storia dell’alimentazione umana, fornendo, in mancanza di carne, la principale base proteica di intere comunità,specialmente di quelle del Meridione. 


Sono ben quattro i Presìdi Slow Food che tutelano altrettante varietà di fave: in Umbria, nella zona dell’Amerino, fra Terni, Amelia e Orvieto, si coltiva la cottòra, chiamate così in quanto si cucinano e si digeriscono più facilmente delle altre varietà.Il piatto più tradizionale a base di cottòra è la “striscia con le fave”: le fave lessate con il grasso ottenuto dallo scioglimento nella cottura della zona ventrale del maiale.

Spostandosi in Puglia, ecco la fava di Carpino: di dimensioni medio piccole e con una fossetta nella parte inferiore, è verde al momento della raccolta e, con il tempo, diventa color bianco sabbia. Ben due i Presìdi siciliani.
 
In provincia di Enna troviamo la fava larga di Leonforte, piatta e larga, per l’appunto, che non necessita di un lungo ammollo come gli altri legumi. La ricetta più popolare in questa zona è la frittedda, una cottura a fuoco lento arricchita da un soffritto a base di olio extravergine, pancetta e cipolle.
Le prime fave larghe sono già disponibili a fine marzo, mentre si cominciano a raccogliere in questi giorni le fave cottoie di Modica (Rg), il cui nome ha la stessa origine delle umbre cottòre.

fonte: http://www.slowfood.it/fave-piu-di-un-semplice-legume/

Racconti di malga


L'estate da calendario non è ancora arrivata...ma diciamoci la verità questo bel sole e le giornate lunghe dicono il contrario!!!

E cosa fare nelle sere d'estate????
Andare ad evento Slow Food! 

In collaborazione con lo spazio estivo del CB 2015 (chiringuito) sugli spalti san michele noi della rete giovane abbiamo organizzato dei percorsi di degustazione a tema!

Il primo aperitivo del mese è dedicato ai formaggi d'alpeggio.
- lo stracchino all'antica delle valli orobiche (presidio Slow Food)
- agri di valtorta (presidio Slow Food)
- formai de mut
il tutto accompagnato da vini bergamaschi in abbinamento, pane e pizza bianca

Vi aspettiamo il 5 giugno dalle 19,00 alle 20,30 al costo di 8 € a persona.

La prenotazione è consigliata.

Per info: slowfoodgiovanevo@gmail.com / fb: https://www.facebook.com/events/1453727771607474/