lunedì 29 giugno 2015

Mozambico, ladri di terra sempre più voraci. Con il benestare del Governo - Ogm: assolti gli attivisti che misero in sicurezza in campo illegale - I cuochi internazionali del Made in Italy sfilano ad Expo

Mozambico, ladri di terra sempre più voraci. Con il benestare del Governo

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Aziende da 3000-10.000 ettari, monocolture industriali e braccianti-salariati al posto di piccoli agricoltori e duat: vecchi certificati d’uso che non valgono una proprietà. ProSavana è il più imponente progetto di agro-business nella storia del Mozambico. Coinvolge 14,5 milioni di ettari, una superficie più estesa di paesi come Portogallo o Malawi, e dove vivono circa quattro milioni e mezzo di persone. L’area interessata, nel Nord del Mozambico, tra le province di Niassa, Nampula e Cabo Delgado, è tra le più fertili dell’Africa australe. Secondo il progetto, ora all’esame del Consiglio dei Ministri, i fondi saranno garantiti dal Mozambico e dal Giappone mentre le tecnologie dal Brasile.
«Pensano a nutrire il mercato internazionale dimenticandosi di quello interno, mentre nella provincia di Nampula la gente muore di fame», denuncia all’agenzia Misna, dopo una “consultazione nazionale” a Maputo sul progetto di agro-business ProSavana, Clemente Ntauazi, coordinatore dell’Ong Acção Académica para o Desenvolvimento das Comunidades Rurais (Adecru.
Stando al Governo mozambicano, l’incontro nella capitale è stata un’occasione per far conoscere l’iniziativa e ascoltare le richieste di partiti, società civile, semplici cittadini. Secondo Adecru, invece, si è trattato dell’ennesimo incontro di propaganda davanti a una platea addomesticata composta di inviti “ad personam” e preselezioni. «Il Governo – dice Ntauazi – vuole poter dire agli investitori stranieri che la legge è stata rispettata, le ‘consultazioni’ si sono tenute e che ora si può cominciare a fare sul serio».
Secondo Ntauazi, però, sbandierando l’obiettivo della lotta alla fame la propaganda ufficiale nasconde i problemi decisivi: «ProSavana allontanerà i contadini dalle loro terre, riassumendoli solo su base stagionale, mentre in Mozambico serve un modello che consenta agli agricoltori di produrre per il loro fabbisogno e in aggiunta per il mercato». Nei nuovi latifondi si dovrebbe puntare su granturco e fagioli ma soprattutto sulla soia, una scelta che più che alla dieta nazionale si adatta ai mercati mondiali. Il risultato? «I contadini – denuncia il coordinatore di Adecru – diventano braccianti che producono per altri e poi non hanno i soldi per comprarsi da mangiare».
Una ricetta che andrebbe nella direzione opposta alla lotta per la sicurezza alimentare in un paese dove l’80% della popolazione vive di agricoltura. E che viene sostenuta dalle autorità nonostante esperienze analoghe abbiano dato frutti velenosi. Ntauazi ricorda un progetto di Agromoz, una società controllata dalla holding portoghese Grupo Amorim e legata all’ex presidente mozambicano Armando Guebuza: «Ha occupato 3000 ettari e i contadini sono stati costretti ad andarsene altrove, alimentando conflitti per la terra con le comunità ospitanti». In questo caso le incertezze del quadro legislativo non hanno aiutato. «In Mozambico la terra è proprietà dello Stato – sottolinea il coordinatore di Adecru – ma i contadini hanno diritto all’usufrutto se ci vivono o se la coltivano da almeno dieci anni; gliela si può togliere purché ci siano, appunto, ‘consultazioni’».


Ogm: assolti gli attivisti che misero in sicurezza in campo illegale
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Vi ricordate di Giorgio Fidenato e del suo campo di mais Gm a in Friuli? Era l’estate del 2010 quando la Task Force Per un’Italia libera da Ogm (di cui Slow Food Italia fa parte) viene a conoscenza di una semina illegale di MON810 della a Fanna, in provincia di Pordenone.
Denunciamo immediatamente la semina illegale allibiti per quanto sia facile in Italia farla franca e agire con tanta facilità creando danni potenziali enormi. Chiediamo l’intervento delle autorità che, perse tra le scartoffie e le solite trafile, mettono sotto sequestro il campo ma non lo distruggono, e soprattutto non lo mettono in sicurezza per evitare la contaminazione. Interviene dunque Greenpeace: preleva e analizza alcuni campioni di mais, scopre l’esatta posizione dei campi, isola e mette in sicurezza la parte superiore delle piante che già disperdevano il polline geneticamente modificato. Che cosa si doveva fare d’altronde? Al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone però la mossa non è piaciuta e nel gennaio del 2012 emette un decreto penale di condanna nei confronti di 23 attivisti per oltre 86 mila euro. Inizia il processo che si è concluso ieri con la piena assoluzione degli attivisti. Urrà.
«Anche il tribunale riconosce come legittimo un intervento che era assolutamente necessario. Non possiamo che essere più che contenti di questa sentenza: rende ancor più evidente quanto puntare su Ogm e agricoltura intensiva sia anacronistico oltre che fallimentare» commenta Cinzia Scaffidi, vice presidente di Slow Food Italia: «Il pianeta si nutre a partire dalla straordinaria biodiversità che ci mette a disposizione e solo chi si prende cura della terra riesce a tutelare e far fruttare. Che cosa aspettiamo a prenderne atto e concentrare sforzi e investimenti su un tipo di produzione che rispetti chi produce, ambienti, ecosistemi la nostra salute?»
P.S.
Anche Papa Francesco è d’accordo con noi, ecco che cosa scrive nell’Enciclica promulgata ieri: «L’estendersi di queste coltivazioni distrugge la complessa trama degli ecosistemi, diminuisce la diversità nella produzione e colpisce il presente o il futuro delle economie regionali. In diversi Paesi si riscontra una tendenza allo sviluppo di oligopoli nella produzione di sementi e di altri prodotti necessari per la coltivazione»



I cuochi internazionali del Made in Italy sfilano ad Expo


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Lunedì 29 giugno, in occasione dell’Italian Cuisine in the World Forum che si terrà dal 28 giugno al 1 luglio, 150 cuochi, ristoratori e distributori di prodotti dell’enogastronomia italiana provenienti da oltre 70 paesi saranno protagonisti di una giornata che inizierà a Cascina Triulza e si chiuderà nello Slow Food Teather.

In quest’occasione, il Decumano di Expo si trasformerà in un tappeto rosso, sul quale sfileranno cuochi ambasciatori del made in Italy, riuniti per dibattere i temi legati alla ristorazione italiana all’estero, le problematiche attuali e le sfide che incontra la produzione agroalimentare di eccellenza italiana, i successi e il futuro della cucina italiana nel mondo.
La “linea di traguardo” di questa marcia d’eccezione sarà proprio il padiglione di Slow Food a Expo, in un incontro in cui presenzierà anche il Ministro delle politiche agricole, ambientali e forestali, Maurizio Martina. [...]
Il Forum, già alla sua quinta edizione, è un’iniziativa promossa da itchefs-GVCI, un network che ha lo scopo di salvaguardare e promuovere l’enogastronomia e l’agroalimentare italiani nel mondo, promuovere le figure professionali del settore e contrastare le conseguenze dell’Italian sounding (l’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promozionare e commercializzare prodotti affatto riconducibili al nostro paese) che, per questo evento, si avvale del sostegno di Lorenzo De Medici – The Italian International Institute e della Scuola nel Mercato Centrale (San Lorenzo) di Firenze. L’itchefs-GVCI conta oggi oltre 2500 professionisti della ristorazione italiana nel mondo, numero che ben esemplifica l’importanza del made in Italy all’estero, un settore che conta circa 100.000 ristoranti italiani nel mondo, autentici ambasciatori della cucina italiana, che servono ogni giorno milioni di clienti attratti dalla proposta enogastronomica nostrana, autentica e di qualità.
La sfilata dei cuochi a Expo non è che l’inizio. Da Milano, infatti, partiranno tre camper per una spedizione culinaria senza precedenti: Road to Dubai – The Italian Tasty way, che porterà un gruppo di cuochi, giornalisti e clienti di ristoranti della grande metropoli degli Emirati in giro per l’Italia, alla ricerca dei migliori ingredienti e cuochi per l’Italian Cuisine World Summit 2015. La conclusione dell’evento, mercoledì 1 luglio, sarà a Firenze, dove saranno trattati temi legati alla ristorazione italiana di qualità nel mondo, alla formazione delle figure professionali che vi lavorano e al riconoscimento della cucina italiana da parte dell’Unesco, come patrimonio dell’umanità. Verrà inoltre presentato ufficialmente il programma “Firenze (Toscana) Capitale della Cucina Italiana nel Mondo”, che punta a organizzare nel corso dei prossimi anni eventi che celebrino o approfondiscano la conoscenza dei mercati, della storia, dei personaggi e dei trend dell’enogastronomia italiana fuori dall’Italia.
Un evento articolato, che Slow Food sostiene perché da sempre riconosce l’importanza del ruolo che tutti gli attori della filiera alimentare hanno, dai contadini ai consumatori, passando, naturalmente, anche per i cuochi, che meglio di chiunque altro sanno valorizzare i prodotti di qualità. Al fine di incentivare il legame tra chef e prodotti dei Presìdi e dell’Arca del Gusto, degli ortaggi, dei frutti e dei formaggi prodotti localmente, Slow Food ha creato l’Alleanza Slow Food dei cuochi, che conta oggi oltre 400 professionisti che lavorano in osterie, ristoranti, bistrot e cucine di strada in Albania, Italia, Olanda, Marocco e Messico.


Per saperne di più sull'alleanza Slow Food dei cuochi http://www.fondazioneslowfood.com/it/cosa-facciamo/alleanza-slow-food-dei-cuochi/

 

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