lunedì 22 giugno 2015

Il territorio agricolo del nostro paese è la nostra identità, è ciò che siamo e ciò che eravamo - «Custodiamo il creato» Laudato si’, la seconda enciclica del Papa è dedicata alla cura dell’ambiente - Racconti di Luppolo

Il territorio agricolo del nostro paese è la nostra identità, è cio che siamo e ciò che eravamo
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Da alcuni anni giace, in un cassetto da qualche parte nel nostro Parlamento, un disegno di legge a tutela del territorio agricolo e del paesaggio rurale. Un primo passo per proteggere almeno in parte quel che resta del patrimonio di bellezza delle nostre campagne e delle nostre periferie, negli ultimi sessant’anni pesantemente rovinate, cementificate, impermeabilizzate, ferite.
La bellezza e la grande biodiversità umana e culturale della nostra penisola è figlia di un rapporto unico tra la civiltà umana e l’ambiente che l’ha ospitata per millenni. La sapienza dei contadini e la cura degli artigiani nel corso dei secoli hanno plasmato profondamente il paesaggio, rendendolo ciò che è oggi e rendendo noi ciò che siamo. Il modo in cui costruiamo lo spazio in cui viviamo dice infatti molto di noi e determina il nostro modo di abitare il mondo. Non solo, perché nel rapporto con la terra l’uomo disegna anche il proprio futuro, ciò che reputa importante, quei valori che hanno la priorità nell’orientare l’esistenza collettiva. Ecco, se questa premessa è vera oggi l’Italia non sta vivendo un periodo particolarmente felice. È sotto gli occhi di tutti il ritmo impressionante con cui i terreni agricoli vengono cementificati per fare spazio a capannoni che, spesso vuoti, ingigantiscono le nostre aree industriali o a grandi opere che oltre ad arricchire i costruttori apportano ben poco al sistema paese. È poi sufficiente osservare l’inesorabile processo di abbandono delle campagne, che priva proprio gli ecosistemi più caratteristici di quella mano dell’uomo che è parte integrante dell’equilibrio e della bellezza.
Già, perché deve essere chiaro che il modo per difendere il suolo e il paesaggio non è “togliere l’uomo”, creare oasi per turisti a targhe alterne, isolare e realizzare musei a cielo aperto. Quello è una piccola parte, che ha la sua importanza per territori particolarmente fragili, ma è minima e tale dovrebbe restare. Al contrario l’uomo deve tornare a occuparsi di territorio, ad abitarlo, tornare a stringere legami con la terra e a pianificare la gestione dello spazio.
Senza uomo non c’è futuro per il paesaggio agrario e rurale italiano. Ci vuole però un approccio radicalmente differente rispetto a quello degli ultimi decenni. Dobbiamo tornare a educarci all’equilibrio, alla gestione sobria, alla risistemazione di ciò che già esiste invece che alla costruzione e all’edificazione su terreni liberi. Ma soprattutto dobbiamo manutenere amorevolmente i nostri territori, consci del fatto che il gravissimo dissesto idrogeologico del nostro paese, oltre a essere figlio di decisioni urbanistiche dissennate e pochissimo lungimiranti, ha anche un forte alleato proprio nell’abbandono dei territori marginali.
L’enorme lavoro di pulizia dei boschi e dei fossi, di canalizzazione per il deflusso delle acque, di riparazione dei muretti a secco per contenere i pendii più a rischio hanno sempre e solo fatto i contadini.
Loro hanno presidiato le campagne e le aree montane e le hanno mantenute, senza peraltro mai essere retribuiti per questo servizio. Un paese che non ha rispetto e non remunera i lavoratori della terra come può sperare di incentivare i giovani a ritornare all’agricoltura? Se un territorio agricolo non è vivo, non è l’habitat per una comunità umana coesa e radicata, non c’è alcuna speranza di mantenerlo bello, armonioso, sicuro.
Il territorio agricolo del nostro paese è la nostra identità, è ciò che siamo e ciò che eravamo. Prendersene cura significa pensare a ciò che vogliamo per i nostri figli. Per fare questo occorre una buona legge sul consumo di suolo, che però nulla potrà se non ricominciamo noi stessi a fare ciò che un grande italiano, Luigi Veronelli, chiamava “camminare le campagne”.
Carlo Petrini


<<Custodiamo il creato>> Laudato sì, la seconda enciclica del Papa è dedicata alla cura dell'ambiente

È in uscita l’enciclica di Papa Francesco Laudato Si’Enciclica sulla casa comune
Il nuovo documento pontificio è dedicato alla casa comune, il Creato, la natura e l’ambiente, la cui tutela è oggi al centro di importanti dibattiti sul tema che – dopo Lima e Roma – sono emersi non solo in occasione di Expo Milano, ma anche ai più recenti incontri di Papa Francesco con i delegati Fao e, soprattutto, in vista della prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Parigi a fine novembre.
Un tema sociale ed ecologico, ma anche di fede molto caro a Papa Bergoglio che, direttamente dalle parole di San Francesco, ha più volte invitato i cristiani a prendersi cura del Creato e a essere custodi del disegno divino iscritto nella natura: «Ci uniamo per farci carico di questa casa che ci è stata affidata, sapendo che ciò che di buono vi è in essa verrà assunto nella festa del cielo. Insieme a tutte le creature, camminiamo su questa terra cercando Dio».
E ancora: «Un vecchio contadino una volta mi ha detto: “Dio perdona sempre. Noi, gli uomini, perdoniamo alcune volte. La natura non perdona mai” Se tu la prendi a schiaffi, lei lo fa a sua volta. Credo che noi abbiamo sfruttato troppo la natura».
Ampia la foliazione: duecentoquaranta pagine introdotte da Carlo Petrini, presidente e fondatore di Slow Food che offre una guida alla lettura al documento pontificio: «Quest’Enciclica è innanzi tutto una dura ma obiettiva presa di coscienza sulla realtà della nostra casa comune, la terra con il suo Creato» spiega Petrini. «È lucidissima nell’analisi di quanto danno abbiamo fatto alle cose e alle persone impostando i nostri modelli di sviluppo in maniera dissennata, per cui abbiamo lasciato che la nostra politica soggiacesse all’economia e l’economia alla tecnologia. Nella sua prima parte lo scritto è un perfetto riassunto, altamente educativo, della situazione in cui si trova il mondo: inquinamento e cambiamento climatico, la questione dell’acqua, la perdita di biodiversità con le conseguenze del deterioramento della qualità della vita umana, il degrado sociale, il diffondersi dell’iniquità in un mare d’indifferenza e di presunta impotenza. Ci parla della realtà in maniera cruda ma non interpretabile, e dalla realtà, a cui più volte e in maniera niente affatto casuale l’Enciclica si àncora, parte per le considerazioni successive.>>
Saper guardare, con la stessa capacità di sorprendersi e intenerirsi per la bellezza del Creato propria di San Francesco –questa magnificenza sta tutta nel titolo, Laudato si’ – vuole anche dire saper cogliere uno stato umano non più adeguato alla casa comune, e calarsi pienamente nel nostro tempo. Il richiamo a «coltivare e custodire», così come è scritto nella Genesi (2,15), citata in più occasioni nelle pagine che seguono, è un rimando a qualcosa di antico e ancestrale, che ci chiede sin dall’inizio dei giorni di vivere con equilibrio la nostra natura più profonda di esseri umani. Intanto, diventa un impegno rivoluzionario per il futuro. Non c’è dubbio che queste parole rappresentino uno dei momenti di svolta più importanti nella storia della Chiesa e soprattutto dell’umanità».

Racconti di Luppolo

Il quarto appuntamento e l'ultimo per il mese di giugno è dedicato alla BIRRA ARTIGIANALE!

Venerdì 26 giugno dalle ore 19.00 alle ore 20.30
@CB2015 Spalti San Michele Città Alta BG

L'aperitivo comprende la degustazione delle birre bergamasche vincitrici nella guida Slow Food dedicata alle birre artigianali d'Italia "Guida alle birre d'Italia" e delle focacce in accompagnamento!

€ 8 a persona

prenotazione consigliata

slowfoodgiovanevo@gmail.com / fb: https://www.facebook.com/events/365454066987346/

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